mercoledì 9 maggio 2007

Inquinamento, mille industrie a rischio!

Oltre mille impianti in tutta Italia a rischio di incidente rilevante. Oltre mille «bombe ad orologeria» disseminate in tutto il territorio, fatta eccezione per qualche raro caso. Questo il dato contenuto nel rapporto che l'Apat, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente, sta preparando e che è stato anticipato dall'agenzia "Dire".
Si tratta delle cosiddette 'aziende Seveso', quelle cioè che detengono o utilizzano grandi quantità di sostanze pericolose, quindi tossiche, infiammabili, esplosive e per le quali si può verificare un incidente con grave pericolo per l'uomo e per l'ambiente. I tecnici dell'Agenzia, coordinati in questo campo da Alberto Ricchiuti, stanno elaborando una mappa delle aree a rischio. Un quarto degli stabilimenti a rischio (il 25%) si trova in Lombardia, in particolare nelle province di Milano, Bergamo, Brescia e Varese. Ma regioni con elevata presenza di industrie a rischio sono anche Piemonte ed Emilia Romagna (circa il 9%) e Veneto (8%).
LE ALTRE REGIONI - Nella particolare classifica che i tecnici stanno compilando, posti importanti vengono riservati al Lazio sempre con l'8% (soprattutto per le aziende concentrate nelle zone di Roma, Aprilia e Pomezia), alla Campania (in particolare, per la situazione che esiste nell'area ad ovest di Napoli) e alla Sicilia (dove c'è il 6% degli impianti nazionali che sono concentrati nel triangolo della petrolchimica tra Augusta, Priolo e Melilli, in provincia di Siracusa, e nelle zone di Gela e Milazzo). Le regioni che invece hanno un rischio molto basso sono il Molise (che pure ha qualche impianto nella zona di Termoli, sulla costa), la Calabria e la Basilicata (che hanno circa l'1% degli impianti). Al contrario, sul territorio nazionale esistono anche zone off limits agli incidenti rilevanti: sono le aree del Trentino Alto Adige e della Valle d'Aosta (il cui dato supera di qualche millesimo lo zero).
I COMUNI - Se la classifica delle «bombe ecologiche» si dovesse fare invece sulla situazione dei comuni, a primeggiare in questa speciale graduatoria sarebbero Venezia (per gli impianti di Porto Marghera), Ravenna (per il polo petrolchimico che si trova nell'area del porto) e Roma (che ha circa 20 aziende a rischio di incidente rilevante sparse per l'intero, e vastissimo, territorio comunale). Seguono, nella mappa redatta dall'Apat, Genova e Napoli che hanno circa 10 aziende a rischio soprattutto nella zona del porto.Altre aree ad alta concentrazione sono quella del porto di Livorno, quella di Trecate (nel Novarese) e poi le zone di Porto Torres e Sarroch in Sardegna. Una curiosità riguarda il comune di Milano dove le aziende a rischio sono appena sei. Il vero problema, per il capoluogo lombardo, è infatti rappresentato dai comuni dell'hinterland.

CONTROLLI - Il fatto che ci siano oltre 1.000 impianti a rischio non rappresenta però un'anomalia italiana. Le aziende, fanno sapere dall'Apat, mediamente rispettano i parametri, peraltro stringenti, stabiliti dalle normative europee. «Dai controlli ovviamente - spiegano all'Apat- emergono elementi di rischio e certamente si potrebbero fare più controlli».

Fonte http://www.varese.net/

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